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Mistero n° 17
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Proprietario: Anna Fiore (1945). Donato dallo zio, Francesco Brandonisio, nel 2001.
Manufatto: Costruito dal Maestro Bruno nel 1950 a Bari.
Motivo della realizzazione: Devozione.
Gruppo: Nel gruppo statuario Pilato, a sinistra, presenta Gesù al popolo, sperando che lo richiedano libero a discapito di Barabba, famoso zelota accusato di sedizione ed assassinio. A destra, un soldato romano, scorta Gesù.
Portatori: Quattro, due davanti e due dietro, in abito scuro, camicia bianca e cravatta nera.
Ragazze al pizzo: Quattro, due per ogni lato, in tailleur scuro, velo nero sul capo, con guanti neri. Nella mano libera reggono un bouquet degli stessi fiori utilizzati per addobbare il Mistero.
Riferimenti Evangelici: Vangelo di Matteo 27, 15-24; Vangelo di Marco 15, 1-15; Vangelo di Luca 23, 16-25; Vangelo di Giovanni 19, 1-16.
Vangelo di Giovanni 19, 1-16
Manufatto: Costruito dal Maestro Bruno nel 1950 a Bari.
Motivo della realizzazione: Devozione.
Gruppo: Nel gruppo statuario Pilato, a sinistra, presenta Gesù al popolo, sperando che lo richiedano libero a discapito di Barabba, famoso zelota accusato di sedizione ed assassinio. A destra, un soldato romano, scorta Gesù.
Portatori: Quattro, due davanti e due dietro, in abito scuro, camicia bianca e cravatta nera.
Ragazze al pizzo: Quattro, due per ogni lato, in tailleur scuro, velo nero sul capo, con guanti neri. Nella mano libera reggono un bouquet degli stessi fiori utilizzati per addobbare il Mistero.
Riferimenti Evangelici: Vangelo di Matteo 27, 15-24; Vangelo di Marco 15, 1-15; Vangelo di Luca 23, 16-25; Vangelo di Giovanni 19, 1-16.
Vangelo di Giovanni 19, 1-16
Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare.
E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi. Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa».
Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco
l'uomo!».
Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa».
Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: «Di dove sei?». Ma Gesù non gli diede risposta.
Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?».
Rispose Gesù: «Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande».
Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare».
Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà.
Era la Preparazione della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!».
Ma quelli gridarono: «Via, via, crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?».
Risposero i sommi sacerdoti: «Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare».
Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
Approfondimenti: In origine Gesù era stato portato davanti alla giustizia romana con l'accusa di tradimento. In quel momento Caifa stava ripetendo l'accusa di carattere religioso, irrilevante rispetto al codice imperiale; chiaramente stava cercando di aggrapparsi ad un argomento qualsiasi per persuadere Pilato a far crocifiggere Gesù.
Pilato pose a Gesù una domanda ben al di là delle sue implicazioni geografiche. "Di dove sei?".
Gesù colse l'incertezza nella voce di Pilato, che gli stava chiedendo di spiegare il suo ruolo, di sviluppare quegli stessi concetti cui aveva accennato quando avevano dialogato a quattr'occhi nel salone e Gesù gli aveva detto che il suo regno non era di questo mondo.
Gesù non rispose. Non era dovuto semplicemente alla sofferenza; voleva che Pilato comprendesse da solo la risposta alla domanda. "Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?". Pilato stava dicendo, forse persino implorando, che anche in quel frangente, dopo tutto quello che era accaduto, avrebbe voluto liberare Gesù, garantendogli certamente un salvacondotto per uscire vivo in mezzo a quella turba di sacerdoti ostili. Tutto ciò che il procuratore voleva erano spiegazioni comprensibili.
Gesù mise da parte qualsiasi pensiero di libertà. "Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande". Gesù voleva che Pilato comprendesse che non solo compiangeva la posizione del procuratore che aveva un'autorità terrena assai limitata, ma che stava parlando di un potere molto più elevato, quello di Dio e di se stesso. Entrambi erano interscambiabili e uguali. Poi, come per un ripensamento, aveva biasimato coloro che li avevano condotti entrambi in quella situazione: Caifa e i suoi sacerdoti.
Sia il diritto romano sia l'ebraico, prevedevano, su basi chiare e specifiche, la concessione di un'amnistia in occasione dell'inizio delle grandi festività. La facoltà di concederla spettava al più alto funzionario imperiale della provincia. In base alla legge romana, sia Barabba sia Gesù erano qualificati per godere del privilegium paschale: il capo degli zeloti non era stato processato; Gesù era stato giudicato non colpevole.
La figura di Barabba viene presentata in modi leggermente diversi nei quattro vangeli: Matteo (27,16) lo definisce solamente "un prigioniero famoso"; Marco (15,7) dice di lui: "Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli ("stasiastôn") che nel tumulto avevano commesso un omicidio", sottolineando quindi l'appartenenza a un gruppo insurrezionale, responsabile collettivamente di omicidio; Luca (23,19) afferma che era stato incarcerato per assassino, oltre che complicità in una sommossa: "Questi [Barabba] era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio"; Giovanni (18,40), invece, afferma solo che egli è un "brigante" (λῃστής, "lestés").
Vero è che Barabba non avrebbe potuto eludere il patibolo in circostanze normali. Ma l'incompetenza di Pilato apre una speranza all'omicida.
Dimostrando tutta la sua inettitudine, il governatore romano lascia decidere alla folla, invocando il privilegio pasquale (da Giovanni considerata usanza ebraica) e sostanzialmente esentandosi da eventuali successive accuse di aver usato poca clemenza.
Il Sinedrio corruppe molti uomini tra la folla, i quali chiesero in libertà Barabba e invocarono la crocifissione per il Nazareno. Lo stesso uomo che, la domenica precedente, fu esaltato e accolto trionfalmente a Gerusalemme, quale Messia e, pertanto, legittimo re d'Israele.
E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi. Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa».
Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco
l'uomo!».
Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa».
Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: «Di dove sei?». Ma Gesù non gli diede risposta.
Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?».
Rispose Gesù: «Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande».
Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare».
Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà.
Era la Preparazione della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!».
Ma quelli gridarono: «Via, via, crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?».
Risposero i sommi sacerdoti: «Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare».
Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
Approfondimenti: In origine Gesù era stato portato davanti alla giustizia romana con l'accusa di tradimento. In quel momento Caifa stava ripetendo l'accusa di carattere religioso, irrilevante rispetto al codice imperiale; chiaramente stava cercando di aggrapparsi ad un argomento qualsiasi per persuadere Pilato a far crocifiggere Gesù.
Pilato pose a Gesù una domanda ben al di là delle sue implicazioni geografiche. "Di dove sei?".
Gesù colse l'incertezza nella voce di Pilato, che gli stava chiedendo di spiegare il suo ruolo, di sviluppare quegli stessi concetti cui aveva accennato quando avevano dialogato a quattr'occhi nel salone e Gesù gli aveva detto che il suo regno non era di questo mondo.
Gesù non rispose. Non era dovuto semplicemente alla sofferenza; voleva che Pilato comprendesse da solo la risposta alla domanda. "Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?". Pilato stava dicendo, forse persino implorando, che anche in quel frangente, dopo tutto quello che era accaduto, avrebbe voluto liberare Gesù, garantendogli certamente un salvacondotto per uscire vivo in mezzo a quella turba di sacerdoti ostili. Tutto ciò che il procuratore voleva erano spiegazioni comprensibili.
Gesù mise da parte qualsiasi pensiero di libertà. "Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande". Gesù voleva che Pilato comprendesse che non solo compiangeva la posizione del procuratore che aveva un'autorità terrena assai limitata, ma che stava parlando di un potere molto più elevato, quello di Dio e di se stesso. Entrambi erano interscambiabili e uguali. Poi, come per un ripensamento, aveva biasimato coloro che li avevano condotti entrambi in quella situazione: Caifa e i suoi sacerdoti.
Sia il diritto romano sia l'ebraico, prevedevano, su basi chiare e specifiche, la concessione di un'amnistia in occasione dell'inizio delle grandi festività. La facoltà di concederla spettava al più alto funzionario imperiale della provincia. In base alla legge romana, sia Barabba sia Gesù erano qualificati per godere del privilegium paschale: il capo degli zeloti non era stato processato; Gesù era stato giudicato non colpevole.
La figura di Barabba viene presentata in modi leggermente diversi nei quattro vangeli: Matteo (27,16) lo definisce solamente "un prigioniero famoso"; Marco (15,7) dice di lui: "Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli ("stasiastôn") che nel tumulto avevano commesso un omicidio", sottolineando quindi l'appartenenza a un gruppo insurrezionale, responsabile collettivamente di omicidio; Luca (23,19) afferma che era stato incarcerato per assassino, oltre che complicità in una sommossa: "Questi [Barabba] era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio"; Giovanni (18,40), invece, afferma solo che egli è un "brigante" (λῃστής, "lestés").
Vero è che Barabba non avrebbe potuto eludere il patibolo in circostanze normali. Ma l'incompetenza di Pilato apre una speranza all'omicida.
Dimostrando tutta la sua inettitudine, il governatore romano lascia decidere alla folla, invocando il privilegio pasquale (da Giovanni considerata usanza ebraica) e sostanzialmente esentandosi da eventuali successive accuse di aver usato poca clemenza.
Il Sinedrio corruppe molti uomini tra la folla, i quali chiesero in libertà Barabba e invocarono la crocifissione per il Nazareno. Lo stesso uomo che, la domenica precedente, fu esaltato e accolto trionfalmente a Gerusalemme, quale Messia e, pertanto, legittimo re d'Israele.
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- Testo e foto a cura di Riccardo Davide Grimaldi.