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Mistero n° 32
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Proprietario: Margherita Ungari (1920), che lo ha ereditato dal padre Francesco.
Manufatto: Costruito dal Maestro Bruno di Lecce nel 1926. Ridipinto dallo stesso maestro nel 1984.
Motivo della realizzazione: Devozione.
Gruppo: Nel gruppo statuario Gesù viene steso sulla crode da tre giudei che lo inchiodano mani e piedi, mentre un quarto si avvicina recando la tavoletta con la scritta I.N.R.I. (iniziali dell'espressione latina Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum, ovvero Gesù Nazareno, Re dei Giudei), motivazione della sentenza di morte, composta dallo stesso Pilato. La scena si svolge verso mezzogiorno sul monte Calvario, luogo delle esecuzioni capitali, appena fuori le mura di Gerusalemme. Maria assiste alla scena e incrocia lo sguardo di Gesù.
Portatori: Quattro, due davanti e due dietro, in abito scuro e maglia nera.
Ragazze al pizzo: Quattro, due per ogni lato, in tailleur scuro, guanti neri e velo nero sul capo. Nella mano libera reggono delle candele.
Riferimenti Evangelici: Vangelo di Marco 15, 25-26; Vangelo di Giovanni 19, 19-22.
Vangelo di Giovanni 19, 17-22
Ed egli, portando la sua croce, si avviò verso il luogo detto "del Teschio" che in ebraico si chiama "Golgota", dove lo crocifissero, e con lui due altri, uno di qua e l'altro di là, e Gesù nel mezzo. Or Pilato fece anche un'iscrizione e la pose sulla croce, e vi era scritto: "GESU' IL NAZARENO, IL RE DEI GIUDEI". Così molti dei Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città, e quella era scritta in ebraico, in greco e in latino. Perciò i capi dei sacerdoti dei Giudei dissero a Pilato: "Non scrivere: "Il re dei Giudei", ma che egli ha detto: "Io sono il re dei Giudei". Pilato rispose: "Ciò che ho scritto, ho scritto".
Approfondimenti: Dopo aver spogliato Gesù, i soldati distesero la croce per terra e vi adagiarono sopra il corpo di Gesù, prestando attenzione affinchè le spalle fossero posizionate esattamente all'incrocio delle due travi. Alcuni romani praticarono, con l'aiuto di punteruoli, dei fori nelle travi della croce, per permettere più facilmente ai chiodi di penetrare in profondità.
Poi passarono a distendere le braccia di Gesù. Un soldato posizionò il chiodo al centro del palmo di una mano e con l'aiuto di un martello iniziò a penetrare la carne. Il sangue iniziò a sprizzare fuori dalla mano e a colare a terra. Non appena il chiodo fuoriuscì dalla trave si passò ad inchiodare ugualmente l'altra mano. Probabilmente i chiodi erano lunghi 15 centimetri, affinché potessero appunto trapassare la croce ed essere abbastanza resistenti. Le braccia furono poi legate con degli stracci o corde attorno alla trave orrizzontale.
Iniziò poi una delle parti più delicate: inchiodare i piedi. I soldati posizionarono le gambe di Gesù leggermente piegate con la gamba destra sovrapposta alla sinistra, per poi inchiodare alla trave verticale, all'altezza dei piedi, un cavicchio di legno o sedile. I piedi furono poi uniti, in posizione quasi parallela con le gambe adiacenti, sul cavicchio. Si permetteva così la possibilità del condannato di reggersi sulle gambe, facendo forza sulle braccia, sul bacino e sui piedi.
Un altro soldato posizionò il chiodo all'altezza del calcagno e trafisse i piedi. L'abbondante flusso di sangue sicuramente non dovette sconvolgere i soldati, che erano certamente avvezzi a tali macabre esecuzioni. Ma è facilmente pensabile che ogni colpo sordo dei chiodi nella carne di Gesù equivalessero ad altrettanti colpi nel cuore di Maria, sicuramente poco distante dal luogo dell'esecuzione e disperata, in lacrime.
Successivamente si passò a sollevare la croce e a piantarla nella fossa precedentemente scavata dai soldati. La croce fu poi bloccata con pesanti macigni di pietra per evitarne l'oscillazione a causa del peso del condannato. Infine, con l'ausilio di una scala, un soldato piantò, all'apice del palo verticale, l'iscrizione INRI, mentre il luogo detto Cranio pullulava di spettatori ammutoliti e di altrettanti che ingiuriavano e deridevano il "Re dei Giudei".
Sulla pratica della crocifissione ci sono teorie discordanti e per questo è difficile riuscire a ricostruire storicamente e perfettamente le pratiche della stessa. Ci limiteremo ad illustrarne alcune.
Per molti il peso eccessivo del corpo del condannato avrebbe sicuramente lacerato le parti molli delle mani, pertanto si pensa che siano stati inchiodati i polsi, all'altezza della prima piega, piuttosto che i palmi delle mani. Altri, invece, sostengono che i chiodi furono piantati alla base dell'ulna e del radio (provocando un dolore così lancinante da far svenire il condannato e provocarne relativamente presto la morte), ma senza corde o stoffe intorno alle braccia.
Stesse contraddizioni ci sono sui chiodi ai piedi, c'è chi pensa ad un chiodo per ogni piede, chi invece sostiene che i piedi furono inchiodati lateralmente alla trave e chi, infine, sostiene che il condannato non aveva alcun appoggio per le gambe e che quindi restava penzoloni (anche senza chiodi).
E' difficile però pensare che la soldataglia conoscesse abbastanza bene l'anatomia umana e che praticasse dei fori precisi.
La pratica della crocifissione venne abolita nel 337 dall'Imperatore Costantino I per rispetto della memoria di Cristo.
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.- Testo e foto a cura di Riccardo Davide Grimaldi.